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D.S.A. Disturbi Specifici dell' Apprendimento
D.S.A. Disturbi Specifici dell' Apprendimento

 

             Sviluppo linguistico e pregrafismo. Autore Alessandra Monda

 

1.     Leggere e scrivere

L’apprendimento della lingua scritta è ostacolata dalla dislessia  che incide sulle abilità di lettura , e dalla disgrafia e disortografia che incidono sulla capacità di scrittura. Ricordiamo sinteticamente che i DSA sono di  origine neurobiologica e si manifestano in soggetti con sviluppo evolutivo adeguato all’età. Nello specifico la dislessia, “da un punto di vista clinico, si manifesta attraverso una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta rispetto a quanto atteso per età anagrafica, classe frequentata, istruzione ricevuta.  Risultano più o meno deficitarie - a seconda del profilo del disturbo in base all’età - la lettura di lettere, di parole e non-parole, di brani. In generale, l’aspetto evolutivo della dislessia può farlo somigliare a un semplice rallentamento del regolare processo di sviluppo.” I disturbi specifici della scrittura si manifestano sotto le forme della disgrafia e della disortografia,  a seconda che interessino rispettivamente la grafia o l’ortografia. La disgrafia “fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale  ed è collegata al momento motorio-esecutivo della prestazione; la disortografia riguarda invece l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale. La disgrafia si manifesta in una minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura, la disortografia è all’origine di una minore correttezza del testo scritto; entrambi, naturalmente, sono in rapporto all’età anagrafica dell’alunno. (MIUR –Linee guida 2011) Tratteremo, pertanto, della lettura e della scrittura,  che insieme  con l’ascoltare  e il parlare costituiscono le abilità di base della  competenza linguistica. Evidenzieremo sia  gli aspetti generali  dell’apprendimento di queste due abilità che le specifiche difficoltà collegate alla presenza dei DSA.

La scelta di non limitare la trattazione alle specifiche difficoltà deriva  dalla convinzione che tutte le didattiche speciali vanno innestate nella didattica generale,  ne rappresentano una specifica declinazione in considerazione delle peculiarità degli allievi. L’agire esclusivamente sulle difficolta comporta il rischio dell’emarginazione nel contesto della classe, della perdita del senso di appartenenza al gruppo; ne possono conseguire demotivazione , scarsa fiducia nelle proprie possibilità e altri atteggiamenti negativi che rischiano di compromettere  il percorso scolastico degli allievi   ( Canevaro 2006).

2.     Processi cognitivi e motivazione  personale

L’apprendimento del leggere e dello scrivere  viene generalmente considerato come acquisizione delle  componenti  grafiche e fonetiche della lingua. Per questo scopo sono stati ideati metodi diversi variamente diffusi  tra i docenti.

 Per un buon numero di alunni tali metodi risultavano e risultano efficaci, ma sempre qualcuno della classe non impara difficoltà sia per la non riconosciuta presenza di  DSA, sia per motivi altri che generalmente erano collegati  alla situazione  di vita dell’alunno, caratterizzata da deprivazione culturale ed emarginazione sociale.

Nel corso degli anni 80 è stata divulgata in Italia la ricerca effettuata dalle  argentine E. Ferreiro  e A.Teberosky , le quali hanno individuato il processo che sottende all’acquisizione della lingua scritta.

La ricerca ha evidenziato che la costruzione della lingua scritta è innanzitutto un processo cognitivo che,  sin dai primi anni di vita,  coinvolge i bambini che vivono in una società alfabetizzata. Tale processo può essere intercettato intorno ai tre anni e sostenuto fino all’acquisizione del sistema di scrittura e lettura. I bambini che vivono in una società alfabetizzata molto presto formulano  ipotesi sul funzionamento del sistema scrittura, formulano teorie che vengono confermate o smentite dall’esperienza e da quanto progressivamente rilevano. A cinque anni circa pervengono a un’idea sostanzialmente corretta  che costituisce la base dell’acquisizione definitiva del codice scritto.

Questa teoria sposta l’attenzione dall’oggetto di apprendimento ( grafemi e fonemi  composti  secondo regole perché ci sia un significato) al soggetto che apprende, il quale si avvicina a qualcosa che ha visto in giro e non sa bene come funziona;  chiama in causa la motivazione alla lettura e alla scrittura, in quanto attivando la ricerca personale e favorendo la formulazione di ipotesi , concentra l’attenzione dell’allievo  sul significato, lo rende ansioso di sapere cosa si nasconde sotto quei segni  che ancora non sa interpretare.

Per quanto concerne la scrittura, il bambino è motivato ad apprenderla per l’uso che  ne può fare prima ancora di saperlo fare, un pensiero al compagno, un invito, una lista per non dimenticare.

Verrà  il momento del metodo, per il passaggio definivo al sistema notazionale,  ma come completamento di un processo iniziato da tempo, che ha come risultato l’interesse per l’oggetto di studio e la voglia di padroneggiare  a livelli sempre più elevati la lingua scritta per tutto quello che essa consente di fare.

Le modalità di supporto del processi di acquisizione della lingua scritta attengono alla specifica professionalità dei docenti della scuola dell’infanzia e primaria, costituiscono  uno degli assi della continuità verticale all’interno del primo ciclo  e  richiedono didattiche generali orientate alla differenziazione all’interno di un comune progetto per la classe.

La presenza di DSA (dislessia e disgrafia) non compromette o rallenta tale processo, stante l’adeguatezza dello sviluppo cognitivo  degli alunni  che  presentano tali disturbi. Anzi, all’interno delle attività didattiche è possibile  focalizzare l’attenzione su aspetti  del processo di acquisizione che potrebbero  rappresentare una difficoltà per gli allievi dislessici o disgrafici.

 

3.     Dimensione spazio- tempo/ Disegno e scrittura

Le categorie dello spazio, del tempo sono fondamentali per rapportarci al mondo,  agli oggetti, alle persone e rapportare gli oggetti fra loro.

La costruzione delle categorie dello spazio e del tempo nei bambini avviene attraverso una serie di esperienze che essi vivono sin dalla nascita: il vedere gli oggetti, il sentire i profumi, l'udire i suoni e i rumori. Il bambino, quando inizia il cammino carponi e si trascina nella stanza, perfeziona il senso della terza dimensione dello spazio, inizia a riconoscere i luoghi, gli oggetti, le persone.  Il tempo lo sperimenta con la sua stessa vita: la scansione delle poppate, poi dei pasti, l'associare la veglia con il giorno, il buio e la notte con il sonno. Sono esperienze che si ripetono costantemente, sia quelle che compie nello spazio, sia quelle che fa nel tempo.

L’orientamento nello spazio e nel tempo costituiscono due fattori fondamentali per l’acquisizione della lingua scritta. Sentiamo molto parlare di prerequisiti e di attività specifiche da svolgersi nella scuola dell’infanzia per la lo roro acquisizione, anche il titolo di questa relazione rivela in qualche modo questa tendenza. Lo  sviluppo della dimensione spazio- tempo necessaria per molteplici apprendimenti  predisciplinari e disciplinari quali la  storia, la  geografia e la  geometria va  invece sostenuto nel corso della scuola dell’infanzia e anche successivamente, per l’intero primo ciclo.

L’orientamento spazio temporale rappresenta, altresì, una componente essenziale del processo di  acquisizione della lingua scritta.

L’orientamento nello spazio  è fondamentale per l’acquisizione del segno grafico, necessario  per il disegno e la scrittura.  Il punto dipartenza è costituito dall’orientamento del proprio corpo nello spazio fisico, a destra e a sinistra, avanti e indietro, secondo un percorso curvilineo  o rettilineo o obliquo.  Semplice  e complessa ad un tempo l’attività didattica: semplice perché si tratta di un gioco, complesso perché si tratta di individuare le difficoltà personali di fronte ad una consegna e di far superare quella difficoltà  prima di procedere oltre o comunque tenendone conto e ritornandoci su continuamente fino alla stabilizzazione di quel comportamento motorio. Il gioco continua con la trasposizione su foglio del movimento effettuato. Per alcuni è semplici per altri no, anche in questa fase stessa procedura, non tralasciare, insistere, con giochi diversi, in situazioni diverse senza perdere vista lo scopo, il segno grafico corrispondente al movimento, il punto di partenza, la direzione, il punto di arrivo. Poi l’uso dello spazio  a tutto campo, a tutto foglio, in campo ridotto, in uno spazio  del foglio, la dimensione del segno, grande , piccolo, più grande ancora più piccolo, dentro uno spazio assegnato. E’ allora possibile il disegno, la scrittura o meglio il disegno della scrittura, ossia il grafema.

L’orientamento nel tempo è ugualmente coinvolto, prima –poi, innanzitutto. La lettura implica il ritmo, le pause, il controllo della voce e quindi la respirazione. Si tratta sempre di giochi con il proprio corpo, con il supporto di tamburello  e strumenti vari, di azioni che per tramutarsi in esperienze hanno bisogno di essere rappresentate con segni  non convenzionali, ma insieme scelti per rappresentare l’azione compiuta, possono avvalersi di uno sfondo fantastico, di uno sfondo di vita reale, di uno sfondo immaginario, ma è essenziale anche qui che non si trascuri di rilevare le difficoltà e di tenerle sempre d’occhio fino al loro superamento. Quindi non si tratta di pregrafismo, bensì di acquisizione del segno grafico, alla base sia del disegno che della scrittura; non si tratta di prelettura, ma di  acquisizione delle componenti  che rendono possibile una lettura fluida, veloce sia ad alta voce che silenziosa.

L’attenzione alle difficoltà nel momento in cui si manifestano permette di riconoscere per tempo le difficoltà dell’allievo dovute alla presenza di dislessia o disgrafia. E’ noto che il bambino dislessico tende a confondere i grafemi b e d, p e q ecc.; in tali casi l’attenzione al disegno del segno, la specifica esercitazione con materiali ad hoc, consente all’allievo di elaborare strategie  di soluzione del suo problema e di pervenire ad una prestazione efficace. Stesso discorso per il bambino disgrafico che grafema dopo grafema, senza ancora preoccuparsi della lettura del segno,  affronta le sue difficoltà ed elabora strategie per porvi rimedio.

 

  1. 4.     Linee di metodo

Veniamo infine alla fase conclusiva, all’acquisizione definitiva del sistema di scrittura che  costituisce l’inizio del processo di alfabetizzazione culturale. Gli obiettivi di apprendimento  prescritti dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo (5 settembre 2012)  al termine della terza classe primaria in ordine alla scrittura e alla lettura sono consistenti. La loro realizzazione esige che nel corso della prima classe gli allievi pervengano all’automatismo, cioè siano capaci di cogliere il significato senza  più soffermarsi per decifrare i segni grafici. Per questa ragione il processo di acquisizione della lingua scritta deve essere attivato nella scuola dell’infanzia per poi concludersi nel corso della scuola primaria.  Trattandosi dell’attivazione di un processo, la conseguenza più immediata è quella della differenziazione dei punti di arrivo. I banbini che iniziano la scuola primaria  si trovano in punti diversi di questo processo, chi già legge e scrive,  chi legge e non scrive, chi scrive e non legge, chi ancora si colloca in posizione intermedia, raramente, ma pure accade, troviamo chi non ha ancora iniziato tale processo. 

Occorre, prima di ogni cosa, disporsi per la gestione di tanta diversità all’interno di un unico progetto. Valorizzando l’apporto di ciascuno è comunque necessaria una scelta metodologica;  tale scelta  non può prescindere dalla rilevazione delle difficoltà presenti negli alunni che compongono la classe. Si scelgono per tutti quelle modalità che risultano facilitanti per le difficoltà rilevate. Ad esempio, è nota la questione dei tempi di presentazione della veste grafica dei grafemi. Avviare la scrittura con il corsivo? Partire dal lapidario?, presentare i grafemi contemporaneamente nelle quattro vesti  grafiche ( stampato minuscolo/maiuscolo, corsivo minuscolo maiuscolo)? Qual è il criterio di scelta? Semplice e complesso ad un tempo. Dipende da quello che sanno già gli allievi o per lo meno la maggioranza, dipende dalle difficoltà presenti anche in un solo allievo.  Per un disgrafico, ma anche per un dislessico, è preferibile la semplificazione, ossia una veste grafica per volta  a partire dal lapidario, questa scelta va tenuta ferma fino alla conclusione dell’intero processo ( scrittura e lettura); successivamente  la trascrizione  dei grafemi  con vesti diverse diventa semplice e allo stesso tempo si può richiedere a tutti quell’accuratezza nella scrittura corsiva, di cui inizialmente soltanto pochi allievi sono capaci.

 Semplificare può diventare la parola magica per affrontare le difficoltà della dislessia e della disgrafia, semplificare per tutti, in modo che le difficoltà di qualcuno non richiedano da subito attività differenziate, separate,  diversificate rispetto alle attività della classe.

La scelta del metodo prevalente è quindi contestuale, valida per un gruppo classe che comprende singoli allievi che si posizionano diversamente rispetto all’obiettivo da raggiungere. Da non trascurare il valore aggiunto di una scelta di tal tipo, gli allievi si cimentano su un compito comune  con abilità diversificate: possono aiutare i compagni, insegnare loro come si fa e insieme procedere. Oggi queste modalità  sono indicate come pratiche cooperative e suggerite per  tutte le età,  ricordano la lezione di don Milani che nella sua scuola di Barbiana invitava tutti ad aiutare chi era in difficoltà e lì non si andava avanti se la difficoltà del singolo non era superata.

Alla comune obiezione della presunta perdita di tempo per chi già sa, è opportuno rispondere che per insegnare qualcosa a qualcuno non basta sapere cosa insegnare, ma è necessario saperne di più; quindi l’allievo che si ferma per insegnare ad un suo compagno, ne guadagna in termini di consolidamento  e consapevolezza di quello che sa.

Veniamo ora al metodo o meglio alle scelte medodologiche possibili all’insegna della semplificazione. Ritengo che il metodo fonematico ( Giovanni Germano 1982) sia idoneo per  la fase finale di costruzione della lingua scritta, in quanto separa inizialmente lettura e scrittura in modo che al momento dell’abbinamento risultino acquisiti dagli allievi gli elementi fondanti dell’uno e dell’altro.

 Un percorso per l’apprendimento dei fonemi, che procede a partire dalla riflessione sul parlato, frasi, parole, sillabe, singoli fonemi, composti e  scomposti, un altro per i grafemi di cui si individuano le caratteristiche grafiche, infine un percorso unificato in cui i grafemi si compongono per costruire  sillabe, le parole e frasi. Il risultato è una lettura chiara sin dall’inizio,  senza cantilene e balbettamenti e rapida acquisizione degli automatismi. Un’impostazione metodologica di questo tipo rende possibile affrontare  nel corso dell’attività comune le difficoltà derivanti  dalla presenza di allievi con DSA o che comunque mostrano difficoltà nella lettura globale dei digrammi (gli,sce,sci,gno,gna,gnu ecc. )  o delle sillabe ca, co, cu, chi, che, ga, go, gu ghi ghe.

Conclusione 

Le difficoltà di lettura e scrittura che alcuni allievi incontrano all’inizio del percorso scolastico, siano esse derivanti dalla presenza di DSA o da situazioni personali,  possono essere la causa  dei cosiddetti percorsi scolastici accidentati , della scuola mal sopportata, della disaffezione al compito, del desiderio di fuga  che sono la base del fenomeno della dispersione scolastica. Ogni bambino affronta la prima classe con un certo timore,  il timore di non essere all’altezza delle aspettative della mamma, del papà, della maestra, e tali aspettative si concentrano sul leggere e scrivere. Chi legge e scrive subito e bene non solo è lodato ma si sente bravo, si sente capace, si sente apprezzato va avanti e si impegna .La scuola gli è amica e quindi ci va volentieri. Quando il bambino incontra difficoltà deve essere aiutato superarle subito, prima che si arrivi al cumulo dei deficit con i connessi atteggiamenti negativi  che esso produce. Qualora ci voglia tempo, il messaggio da trasmettere in tutti i modi possibili è questo:  ce la puoi fare, io sono con te, non ti abbandono.

 

Bibliografia essenziale

E. Ferreiro, A. Teberosky - La costruzione della lingua scritta nel bambino – Giunti  1985

C. Pontecorvo ( a cura di)  - Un curricolo per la continuità educativa dai quattro agli otto anni – LA Nuova Italia 1989

Andrea Canevaro – Pedagogia speciale. La riduzione dell’handicap-  Bruno Mondadori  1999

G.Stella – La dislessia – Il Mulino 2004

G.Stella, Andrea Biancardi – le difficoltà di lettura e scrittura. Strategie per il recupero nel 1° ciclo – Omega 2001

G.  Germano – Il metodo fonematico per l’apprendimento del leggere e dello scrivere

MIUR - Indicazioni nazionali per il curricolo -  5 settembre 2012

MIUR - Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento D.M.12 luglio 2011

Ugo Pirro –Mio figlio non sa leggere . Rzzoli 1981